Orologi e passione: Piccola storia dell’orologeria svizzera
È dagli albori della civiltà, se non prima, che la misura del tempo affascina gli esseri umani. Si iniziò con l’osservare le regolarità dei movimenti celesti: i cicli della luna, del sole e del firmamento. La misura del tempo aveva una necessità pratica: coordinare sull’arco dell’anno le semine e i raccolti o del giorno per le necessità giornaliere. Con l’avanzare della civiltà e delle sue esigenze la misura del tempo doveva essere sempre più precisa. Dal consumarsi di una candela, all’ombra del sole (meridiane), al flusso di predeterminate quantità d’acqua, allo scorrere della sabbia in una clessidra, all’invenzione di aggeggi meccanici dal funzionamento sempre più regolare (pendolo, bilanciere, ecc.) al contare le vibrazioni di un cristallo (quarzo), alla frequenza di risonanza di un certo atomo (orologio atomico), la misura del tempo è diventata sempre più precisa, permettendo un coordinamento sempre maggiore delle attività umane e la misura temporale di fenomeni fisici senza dimenticare i progressi fatti nel tempo dalla navigazione oceanica con l’utilizzo di orologi sempre più precisi (cronometri di bordo). In sintesi, il progresso. Senza la misura del tempo sempre più accurata, non ci sarebbe la civiltà che conosciamo.
Ma dedichiamoci a orologi e passione.
La storia che ci interessa qui è quella dell’orologeria meccanica, particolarmente di quella svizzera.
I primi orologi meccanici risalgono al XIV secolo e furono costruiti in Europa e i primi orologi portatili (non possono essere definiti ancora orologi da tasca per le loro dimensioni e forme) furono introdotti nella seconda metà del XV secolo. Apparvero simultaneamente in Italia e in Germania. Quelli da tasca, seppure fossero per decenni assai ingombranti, furono introdotti nei primi decenni del XVI secolo e via via furono perfezionati con sempre maggiori innovazioni meccaniche e miniaturizzati, anche se i principi basilari del loro funzionamento rimasero inalterati per secoli fino all’introduzione degli orologi elettronici. L’industria orologiera più importante e significativa per quel che riguarda orologi e passione è l’industria orologiera svizzera. Va comunque ricordato che nell’orologeria meccanica la Francia e l’Inghilterra ebbero un ruolo determinante nello sviluppo tecnico degli orologi.
Il riformatore francese Giovanni Calvino, a Ginevra, a metà de XVI secolo, proibì i segni esteriori di ricchezza (Ginevra era già protestante con Farel e aveva già promulgato editti che proibivano il lusso nella religione) obbligando i gioiellieri a trasformarsi sostanzialmente in orologiai. Un certo Bayard, dell’ondata di protestanti francesi e italiani arrivati a Ginevra nella prima metà del XVI secolo per sfuggire alle persecuzioni religiose, divenne il primo orologiaio ”ufficiale” nel 1554, ma altri apprendisti orologiai erano presenti a Ginevra in quel periodo. Infatti gli orologi non erano considerati gioielli perché utili ma potevano comunque essere oggetti di gran lusso. Nacque e si sviluppò così l’orologeria ginevrina che si caratterizzava per la sofisticazione e la ricchezza (pietre preziose, oro, smalti) dei suoi manufatti. Molti dei rifugiati ugonotti – così numerosi da raddoppiare il numero di abitanti della città – erano infatti artigiani, chi nel settore tessile, chi nella gioielleria, chi nell’orologeria o banchieri e aiutarono lo sviluppo industriale e commerciale di Ginevra. Una seconda ondata di rifugiati protestanti arrivò a Ginevra dopo la strage di San Bartolomeo nel 1572.
Orologio del 1650 (Wiki)
Una terza ondata di ugonotti francesi arrivò a Ginevra dopo la revoca dell’Editto di Nantes, che li proteggeva, nel 1685, e fu più importante numericamente delle prime due. Una parte di questi nuovi rifugiati con molti orologiai e artigiani tra di loro, non potendo più stabilirsi a Ginevra, si distribuì nell’arco giurassiano (Vallée de Joux, regione del lago di Neuchâtel, Giura bernese, ecc.), fondando piccole manifatture anche orologiere. I contadini del Giura – regione dagli inverni lunghi e molto nevosi – avevano molto tempo a disposizione durante l’inverno e molti di loro si dedicarono, nella scia dei nuovi arrivati, all’orologeria. Erano aziende agricole d’estate e laboratori orologieri durante la brutta stagione. Una semi-leggendaria origine dell’orologeria giurassiana, particolarmente di quella dell’alto cantone di Neuchâtel, vuole che nel 1679 un mercante di cavalli tornato dall’Inghilterra con un orologio da tasca che si era rotto si rivolgesse al figlio di un fabbro nato a La Sagne (piccolo borgo del cantone di Neuchâtel) per ripararlo. Quest’ultimo, Daniel JeanRichard, lo esaminò, si appassionò alla meccanica e in un anno, dopo aver realizzato tutti gli strumenti necessari, lo riparò. Trasferitosi a Le Locle vi fondò un’impresa orologiera che divenne il seme del futuro sviluppo dell’industria della regione. Una leggenda? Forse, ma Daniel JeanRichard divenne comunque il nume tutelare dell’orologeria neocastellana e giurassiana. Anche nella pianura ai piedi del Giura in direzione di Zurigo, in città come Granges/Grenchen, Soletta, sciaffusa e Langendorf si svilupparono successivamente aziende orologiere.
Statua di Daniel JeanRichard a Le Locle
Tra la fine del XVIII e il XX secolo l’industria si sviluppò ulteriormente e vennero fondate aziende importanti sia a Ginevra sia nell’arco giurassiano e le sue vicinanze. Nel cantone di Neuchâtel, ad esempio, si svilupparono due città gemelle: Le Locle e La Chaux-de-Fonds che divennero centri importantissimi dell’industria orologiera. La città di La Chaux-de-Fonds nel 1794, già centro orologiero, fu distrutta da un incendio e fu ricostruita con l’orologeria in mente seguendo un piano a scacchiera (all’americana) con strade dritte molto larghe per l’epoca, disposte ad angolo retto, onde permettere alla luce di penetrare meglio negli atelier degli orologiai, generalmente siti sotto o sopra l’abitazione dei dipendenti. Le 2 città funzionavano esse stesse come orologi. Costituite principalmente da una miriade di piccoli atelier che fabbricavano pezzi specifici degli orologi: chi le sfere (lancette), chi le casse, chi i quadranti, chi pezzi dei movimenti (calibri), ecc. Ogni azienda dipendeva dall’altra. Rare erano le aziende che facevano tutto o quasi in casa. Certe grandi aziende, all’inizio del XX secolo, avevano più di mille dipendenti e producevano centinaia di migliaia di orologi all’anno. Karl Marx definì la città nel “Il Capitale* come un’immensa città fabbrica. Per questi motivi entrambe le città sono diventate patrimonio dell’umanità Unesco per il loro urbanismo orologiero. A la Chaux-de-Fonds ha sede il museo internazionale dell’orologeria (MIH) che senz’altro vale una visita anche per chi non è un appassionato. https://www.chaux-de-fonds.ch/musees/mih/
Vista parziale di La Chaux-de-Fonds
Nella seconda metà del XIX secolo l’importante industria americana degli orologi era molto meccanizzata e fordista ante-litteram e l’industria svizzera, più frammentata e artigianale, dovette adattarsi per competere. Anche con l’aiuto di imprenditori ebraici immigrati dall’Alsazia che si stabilirono principalmente nelle montagne neocastellane, ma non solo, l’industria adottò metodi produttivi più moderni. Alla fine del XIX secolo l’industria svizzera iniziò a dominare per innovazione e qualità l’industria orologiera mondiale; dominazione che si protrasse per quasi tutto il XX secolo. A Ginevra e nella Vallée de Joux grandi “Maison” si affermarono come icone a livello mondiale: Rolex, Patek Philippe, Vacheron & Constantin (fondata nel 1755), Universal Genève, Audemars Piguet. Nel Giura bernese e a Biel/Bienne: Longines, Omega, Heuer, Marvin. A Le Locle: Zenith, Tissot, Ulysse Nardin. A La Chaux-de-Fonds: Movado, Election, Girard- Perregaux, Eberhard, Breitling, Invicta, Vulcain, Ogival. Nel Giura neocastellano: Piaget. A Sciaffusa: IWC. A Granges /Grenchen: Eterna. Le aziende erano centinaia e ovviamente non si possono citare tutte in questa breve retrospettiva. Certe manifatture producevano quasi tutto l’orologio in casa, altre aziende assemblavano solo componenti prodotti da terzi. Altre grandi aziende erano (sono) specializzate nella produzione di “ébauche” ovvero solo del movimento (calibro) nudo. Ad esempio alla sua fondazione nel 1926 Ébauches SA a Neuchàtel (oggi ETA), essa stessa un conglomerato di altre preesistenti aziende (A. Schild, FHF, Michel), impiegava 6000 dipendenti, per – successivamente inglobando altre importanti aziende (Landeron, Felsa, Venus, Unitas, FEF, Valjoux, ecc.) – arrivare a più di 10000. L’industria orologiera svizzera aveva un’importanza fondamentale per l’economia nel suo insieme: infatti l’orologeria ha stimolato tutto il comparto industriale delle macchine utensili necessarie per la sua meccanizzazione, macchine utensili che servivano anche ad altri scopi (micromeccanica e meccanica di precisione in generale) e che si affermarono sul mercato mondiale per la loro grande qualità e precisione.
All’avvento degli orologi da polso al quarzo, resi ubiqui dai giapponesi negli anni 70 del secolo scorso seguì una grave crisi dell’industria svizzera che non seppe adeguarsi alla nuova tecnologia in tempo seppure la possedesse. Molte aziende scomparvero, altre furono salvate per il valore del loro brand, certe vissero sul loro prestigio. Quel decennio e l’inizio del successivo fu, per l’industria orologiera svizzera, un vero e proprio calvario con grave danno per l’occupazione. Dai primi anni ottanta però l’industria svizzera reagì (concentrazioni e investimenti in ricerca e sviluppo) e si dedicò a quello che sa fare meglio: gli orologi meccanici di alta gamma partendo paradossalmente da un orologio rivoluzionario nel suo concetto, semplice e al quarzo: lo “Swatch”! La rinascita fu inaspettata e superò tutte le più rosee previsioni. Mettendo in gioco la sua storia, le sue capacità tecniche e il suo prestigio secolare l’industria svizzera dell’orologeria riconquistò il suo posto sul gradino più alto del podio. Di tutti gli orologi prodotti nel mondo la Svizzera attualmente ne produce poco meno del 3% ma rappresentano più del 50% del valore complessivo della produzione orologiera mondiale. Ad esempio le esportazioni svizzere di orologi, nel 2014, hanno raggiunto la ragguardevole cifra di 22,2 miliardi di CHF (Circa 20,3 mia di EUR).
Non mi dilungherò sulle vicissitudini dell’assetto proprietario delle aziende orologiere svizzere degli ultimi 5 rivoluzionari decenni. Si può sommariamente dire che a fronte di grandi e iconiche aziende rimaste indipendenti (Rolex, Patek Philippe, Audemars Piguet, ecc.) molte altre fanno parte di grandi gruppi orologieri o del Lusso: Swatch Group, LVMH, Richemont, Kering, ecc. Altre ancora sono di proprietà estera o sono state spostate in altri lidi. Inoltre, negli ultimi decenni si sono create aziende indipendenti che producono orologi meccanici in piccole quantità ma di grandissimo pregio tecnologico o di alta gioielleria.
Un orologio Philippe Dufour (orologiaio indipendente)
Greubel Forsey La Chaux-de-Fonds
Franck Müller Genève
Orologi e passione: Il collezionismo
Ci sono varie forme di collezionismo di orologi. Le due più importanti sono gli orologi da tasca e gli orologi da polso, collezionismi a volte combinati. Ci occuperemo brevemente in orologi e passione di quelli da polso che sono gli orologi più ricercati dai collezionisti, soprattutto i modelli realizzati nel secondo dopoguerra, anche se gli orologi da polso dei primi decenni del secolo scorso non sono disdegnati. La storia del primo orologio da polso è assai dibattuta: i primi furono orologi per signore, più gioielli che orologi, per gli orologi maschili invece c’è chi dice che il primo fu realizzato addirittura nel XVI secolo, chi attribuisce la sua paternità a Patek Philippe nel 1868 e chi la attribuisce a Girard-Perregaux che realizzò una serie di orologi da polso per la marina tedesca alla fine del XIX secolo.
Patek Philippe da tasca del 1908
Si può senz’altro affermare che gli orologi da polso sono diventati ubiqui, per gli uomini, dai primi decenni del secolo scorso. Durante la prima guerra mondiale gli ufficiali e i piloti portavano spesso orologi da polso detti “trench watch”, concepiti per l’uso militare, con una griglia metallica protettiva, più o meno impermeabili. Erano orologi assai grandi e spessi e realizzati con movimenti da orologi da tasca, molto più pratici durante i combattimenti (trincee, aviazione) che non i tasca. Dopo la prima guerra mondiale gli orologi da tasca ebbero tendenza a scomparire e l’industria si mise a produrre orologi da polso accessibili a quasi tutti i ceti sociali. Negli anni 30 la proporzione nella produzione tra gli orologi da polso e quelli da tasca era di circa 50/1. Inoltre gli orologi da polso furono aiutati nella loro diffusione planetaria da innovazioni che li rendevano sempre più affidabili e solidi. Si affermarono alla fine della prima metà del secolo scorso, nella grande produzione, la cassa impermeabile, l’antiurto e soprattutto il movimento automatico. Già esistenti nella prima metà del secolo scorso ma relativamente rari e considerati orologi da lavoro i cronografi, dagli anni 60/70, divennero orologi molto diffusi. Le casse degli orologi da polso possono essere in acciaio, in argento, in oro con varie gradazioni (9,14,18 carati), in platino e più recentemente in titanio – e anche se più raramente – in bronzo. I cinturini e i bracciali hanno materiali e fogge infinite, inutile descriverli.
Trench watch della WWI
Movimento cronografico Valjoux 72 per un Rolex Daytona anni 60/70
1982 Movimento (calibro) ETA 2824-2 automatico, antiurto
Il collezionismo di orologi non è una novità. L’orologio, se è sempre stato considerato un oggetto utilitaristico, è anche e soprattutto un oggetto che nelle sue varie forme può acquisire un grande valore tecnico (cronografi, calendari completi, annuali, perpetui, rattrappante, répétition minute, tourbillon, ecc.), essere uno status symbol o diventare un vero e proprio gioiello sia per la presenza di complicazioni straordinarie sia per il lavoro orafo che lo compone e questo ne fa, anche per l’immensa varietà di modelli, le varie tipologie, le sue dimensioni e la grande diversità dei prezzi, un oggetto ideale da collezionare.
Movado cronografo M95 degli anni 40
Patek Philippe calendario perpetuo del 1943
Seppure il collezionismo di orologi fosse già molto diffuso nella seconda metà del secolo scorso, l’avvento del web ha amplificato il numero di collezionisti. Infatti molti ritrovano orologi dei nonni o dei padri e il web permette di venderli o di scambiarli, commercianti di orologi nuovi o vintage vi trovano una vetrina globale e i collezionisti una miniera da scavare. Inoltre il web fornisce la possibilità di informarsi sui modelli, le “Maison”, i movimenti (calibri), la tecnica, le sempre più frequenti aste, la storia delle singole aziende, anche di quelle scomparse, ecc. Anche l’editoria si è accodata pubblicando molti periodici e libri dedicati al collezionismo di orologi. Non si collezionano solo orologi di gran pregio ma anche orologi a basso costo, seguendo spesso un personale “fil rouge” che può essere la storia, l’innovazione tecnica, il periodo storico, una tipologia (solo tempo, cronografo, cronometro, subacqueo, complicato, ecc.), una “Maison” particolare o semplicemente l’estetica. Va detto che per i loro movimenti assai complicati ed esteticamente pregevoli i cronografi godono di grande considerazione presso i collezionisti.
Rolex submariner del 1953 (il primo)
Il collezionismo di orologi apre un mondo fatto di tecnica sopraffina. Un orologio meccanico è un oggetto dal fascino particolare, che allea utilità, tecnica ed estetica, non è solo uno status symbol ma spesso procura una soddisfazione intima al collezionista quando pensa che al polso ha un oggetto del quale conosce la meraviglia meccanica che nasconde, o la sua storia. Ovviamente anche i più moderni orologi al quarzo non sono da disdegnare e meritano rispetto e considerazione. Inoltre la storia dell’orologeria meccanica non si ferma in Svizzera. Orologi e passione vale anche per gli orologi giapponesi, tedeschi e americani spesso prodotti di grande orologeria, ma anche i russi, i cinesi, gli indiani e altri meritano considerazione e sono spesso oggetto di collezionismo.
Cronografo Omega Speedmaster professional del 1968 (detto Moonwatch).
Due Libri su tutti per iniziare a conoscere l’orologeria da collezione:
di Marco Strazzi: Giornalista, scrittore e storico dell’orologeria. Libri (italiano/inglese) ottenibili su AMAZON o direttamente sul suo sito The Museum Collection.
“The Museum Collection è un viaggio attraverso gli strumenti per la misura del tempo, il biglietto d’ingresso di una mostra, una fonte d’ispirazione per gli appassionati desiderosi di costruire la collezione perfetta. Cos’è la “collezione perfetta”? Secondo l’interpretazione proposta dal libro, è quella che comprende i cento orologi da polso più rilevanti del Ventesimo Secolo sotto il profilo tecnico ed estetico…”
”Lancette & C. è l’avventura dell’orologio da polso come non è mai stata raccontata prima: anno per anno, modello per modello, immagine per immagine. Il volume ripercorre un secolo di tecnica e design…”
L’articolo su orologi e passioni: Piccola storia dell’orologeria svizzera è stato scritto da Mauro Locatelli: appassionato collezionista, ha lavorato per più di trent’anni come trader e gestore per le più importanti case di brokeraggio USA/UK, tra le quali ED&F Man e Refco. Specializzato in trading speculativo e hedging su valute, commodities e strumenti derivati, dispone della licenza USA per operare sui mercati americani (03 series). Nel 1989, inoltre, ha ottenuto la licenza di Fiduciario Finanziario dal Consiglio di Stato del Cantone Ticino.
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